di Antonella De Gregorio, Il Corriere della Sera 24.1.2017
– Il sottosegretario Toccafondi: «Nuovi percorsi, più pratici e collegati al territorio». Nelle deleghe attuative della Buona Scuola, più laboratori e cambiano materie e indirizzi
Che gli istituti professionali avessero bisogno di una spolverata non è in dubbio: sempre meno attrattivi (a sceglierli sono 16 studenti su cento, spesso immigrati; e nell’ultimo anno han perso smalto anche gli indirizzi più amati, l’alberghiero e l’agrario); sempre più percorsi interrotti a metà, con tassi di abbandono fino al 35%. Quello che non è ancora chiaro è se lo schema di decreto legislativo che mette mano ai percorsi dell’istruzione professionale vada nella direzione giusta.
Meno teoria
Ne è convinto il sottosegretario Gabriele Toccafondi, che chiarisce lo scopo delle novità, firmate da Valeria Fedeli, approvate dal Consiglio dei ministri, e trasmesse al Parlamento per i pareri: fare un passo indietro, togliere l’impostazione troppo teorica, da «quasi liceo», assunta dai programmi dei professionali negli ultimi 20-30 anni, e recuperare l’idea del «saper fare», della pratica. Senza per questo tornare ai corsi per «periti» del dopoguerra. Come lo si fa? Con una diversa organizzazione delle ore e un potenziamento delle attività laboratoriali. Perché quello che succede oggi, secondo Toccafondi, è che un ragazzo si iscrive a una scuola «duale», aspettandosi di imparare un mestiere e si ritrova a fare ore e ore di diritto, fisica, chimica… «Tanta, troppa teoria». Con la riforma, gli istituti professionali avranno ancora molte ore di materie generaliste: nel biennio, 1.188 su 2.112; e si potrà destinare fino a 264 ore alla «personalizzazione» degli apprendimenti, con progetti formativi individuali. Le altre 924 ore saranno di indirizzo, comprensive del tempo da destinare ai laboratori (almeno metà delle ore). Nel triennio, su 1.056 ore totali, 594 dovranno avere un taglio «pratico». Altre 462 saranno dedicate all’istruzione generale. Sarà potenziata l’alternanza scuola-lavoro: grazie all’autonomia scolastica, gli istituti potranno «modificare il piano orario, fino al 35% del totale, e introdurre per esempio una materia legata all’oreficeria, al calzaturiero, alla pasticceria bianca, se si trovano in distretti produttivi che lo giustificano», spiega Toccafondi.
Istruzione tecnica
Nella relazione illustrativa del decreto si legge che «si è lavorato all’obiettivo di superare la sovrapposizione tra istruzione professionale e istruzione tecnica, data la differenza di obiettivi formativi e di metodi per raggiungerli». Si è puntato a «rafforzare l’identità dell’istruzione professionale, attraverso l’istituzione di indirizzi di studio ispirati a un moderno concetto di occupabilità, riferito non a singoli mestieri, ma ad ampie aree di attività economiche». Inoltre, si è collegato maggiormente l’apprendimento scolastico all’orientamento al lavoro. Non vuol sentire parlare, però, il sottosegretario, di un risvolto «aziendalista» della riforma: «La preoccupazione dei sindacati che temono un avviamento precoce a forme di lavoro non regolamentate è anche la nostra , e vigileremo», assicura. Aggiunge che i nuovi professionali (che diventano «scuole territoriali dell’innovazione», ndr) restano «scuole a tutti gli effetti. Non diventano meri laboratori. Ma rispondiamo alle domanda dei ragazzi che chiedono percorsi più pratici. E insieme alle necessità di quelle 60mila aziende del nostro Paese a caccia di lavoratori con competenze che non riescono a trovare»
«2+3»
I «nuovi» professionali avranno una durata «2+3»: biennio unico e triennio unico, superando l’attuale articolazione dei cosiddetti «due bienni più uno», che offrono più «vie d’uscita» alla loro composita utenza. Al termine, gli studenti avranno in mano un diploma quinquennale, che consente l’accesso agli Istituti tecnici superiori (Its), all’università e alle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica. Sarà disciplinato (e agevolato) il passaggio reciproco tra percorsi di istruzione professionale e quelli di IeFP, se lo studente ne farà domanda. «Sarà un riallineamento – spiega Toccafondi – che cancellerà una confusione tra i due ordini di studi che attualmente non comunicano tra loro e anzi spesso si sovrappongono».
Più indirizzi
Gli indirizzi di studio passeranno da 6 a 11: Servizi per l’agricoltura, lo sviluppo rurale e la silvicoltura; Pesca commerciale e produzioni ittiche; Artigianato per il Made in Italy; Manutenzione e assistenza tecnica; Gestione delle acque e risanamento ambientale; Servizi commerciali; Enogastronomia e ospitalità alberghiera; Servizi culturali e dello spettacolo; Servizi per la sanità e l’assistenza sociale; Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico. Ogni scuola potrà declinare questi indirizzi in base alle richieste del territorio. Il provvedimento dà poi alle scuole l’opportunità (ma non l’obbligo) di attivare collaborazioni con esperti del mondo del lavoro e delle professioni e di attivare partenariati territoriali per ampliare l’offerta formativa e potenziare i laboratori, comprese le esperienze di scuola-impresa e di bottega scuola.
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