di Vincenzo Pascuzzi, Aetnascuola.it, 12.6.2017
– Voci da fonti autorevoli, ovviamente anonime, riferiscono di precisi ed espliciti input arrivati dall’alto ai presidenti di commissione (tutti o quasi DS) di essere rigidi, severi e – appunto – bocciare. Miur e governo preferiscono ricorrere ancora ai supplenti, che costano meno, per risparmiare.
Il riferimento è all’articolo “E l’Italia scopre di avere un esercito di maestri incapaci di insegnare” di Maria Pia Veladiano, riportato qui di seguito.
Leggiamo nell’articolo citato:
”Cinquemila respinti agli scritti per elementari e materne Ma la colpa non è solo loro”.
“I candidati bocciati continueranno ad insegnare da precari, perché i posti ci sono e le cattedre vanno coperte”.
Queste alcune considerazioni nel tentativo di fare chiarezza.
- Cinquemila bocciati in un concorso per laureati e abilitati costituisce un’assurdità estrema, uno scandalo enorme.
- Voci da fonti autorevoli, ovviamente anonime, riferiscono di precisi ed espliciti input arrivati dall’alto ai presidenti di commissione (tutti o quasi DS) di essere rigidi, severi e – appunto – bocciare. Miur e governo preferiscono ricorrere ancora ai supplenti, che costano meno, per risparmiare.
- Dette voci potrebbero avere conferma indiretta sia dall’enfasi e dalla risonanza mediatica avuta dalle bocciature, sia dai casi particolari – in realtà pochi e da verificare – portati come esempi clamorosi di ignoranza. Ma le commissioni e gli Usp e Usr non sono tenuti alla riservatezza?
- Un concorso per laureati e abilitati deve avere come risultato una graduatoria, non può avere come esito la bocciatura e l’esclusione, se non in casi veramente singolari e da approfondire.
- “la colpa non è solo loro”, ovvio! Può essere della commissione (v. input). Può essere del sistema scolastico che li ha formati, laureati, abilitati (v.Miur e ministri succedutisi).
- Visto che ce li dobbiamo tenere – per necessità attuale della scuola – sarebbe il caso che Miur provvedesse a corsi di recupero e potenziamento (dico molto seriamente).
- Lo stesso Miur deve/dovrebbe rapidamente provvedere a individuare e a sanare le falle, le carenze, le inadeguatezze dell’iter formativo.
Bologna. Cinquemila respinti agli scritti per elementari e materne Ma la colpa non è solo loro
E L’ITALIA SCOPRE DI AVERE UN ESERCITO DI MAESTRI INCAPACI DI INSEGNARE
di Maria Pia Veladiano – la Repubblica di Bologna – 11 giugno 2017 – pag. 20
La notizia è che in Emilia Romagna solo il 24% dei candidati al concorso per entrare di ruolo nella scuola primaria e il 16,5% dei candidati alla scuola d’infanzia ha superato le prove scritte. Il rigoroso meccanismo dei concorsi che ha letteralmente strizzato le possibilità organizzative dell’amministrazione scolastica (banditi in tempi strettissimi, in corso d’anno scolastico, le commissioni nominate e rinominate vorticosamente, senza esonero dalle lezioni e pagate un nulla) non porterà a coprire i posti disponibili. La stragrande maggioranza delle cattedre non andrà a ruolo. Il Direttore dell’Ufficio scolastico regionale Stefano Versari dice che per la scuola d’infanzia il problema è stato il livello culturale basso, mentre per la scuola primaria mancava la preparazione didattica.
Si trattava di candidati laureati, la maggior parte di loro già in cattedra da anni. La prova scritta prevede 6 domande, tutte legate a situazioni concrete che richiedono da un lato la conoscenza della normativa e dall’altro la capacità di giocarla creativamente in situazioni concrete di scuola. Il presidente coordinatore delle commissioni alla scuola d’infanzia Emilio Porcaro parla di gravi incompetenze ortografiche, sintattiche e didattiche. Mancava l’abc del buon docente, insomma.
Se il livello è questo, giocare la carta del discredito sulle commissioni esaminatrici non ha senso. Qualsiasi candidato che non sappia scrivere in italiano corretto non può fare il docente e va fermato. E anche se non ha idea di come trasferire nella classe le sue conoscenze. In questo senso il concorso, previsto dalla Costituzione come modalità di reclutamento, fa esattamente il suo dovere. Solo che arriva alla fine di una serie di errori e inadempienze e allora appare ingiusto e scandaloso.
La vicenda del concorso in Emilia Romagna racconta un pezzo della nostra storia. La scuola come lavoro-rifugio. Chiunque pensa di poter insegnare e invece non è vero. Ma lo si pensa perché negli ultimi trent’anni, in mancanza di un sistema regolare di reclutamento, tanti hanno potuto insegnare di fatto, senza concorsi e selezione, per accumulo di punteggio di servizio e titoli i studio, anno dopo anno, con meccanismi di salvaguardia per cui alla fine in qualche modo nella scuola si entra e soprattutto si resta. Inamovibili. Provi un preside a fare una contestazione a un docente, di ruolo o no. Un calvario.
Racconta anche la storia di una mortificazione sistematica delle competenze linguistiche che è comodo ma sbagliato imputare alla scuola. Non è la scuola di massa il problema. È l’ignoranza di massa accettata ed esibita. Si impara la lingua per esposizione, esposizione alla buona lingua, e se la società non legge, non sa parlare e pensare e di questo non si preoccupa e per questo non sente vergogna, se anche la politica esibisce la sciatteria del linguaggio e del pensiero, non c’è scuola che possa trovare un rimedio.
Racconta anche la storia di un Paese confuso, che da un lato vuole giustamente mandare in cattedra chi sa insegnare bene e dall’altro continua ad offrire pochissimo agli insegnanti davvero bravi: scuole con pochi mezzi, stipendi che dicono “il tuo lavoro non vale niente”. I candidati bocciati continueranno ad insegnare da precari, perché i posti ci sono e le cattedre vanno coperte. Il concorso ci rivela un bel po’ di mali della nostra società più che della nostra scuola.
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Dalli ai maestri somari! Bravo Miur! Brava ministra! ultima modifica: 2017-06-13T05:35:37+02:00 da